Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 17 giugno 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Nella sclerosi multipla la connettività cerebrale è alterata secondo particolari fenotipi. Un nuovo studio dei pattern di connettività nella sclerosi multipla (MS), mediante tecniche avanzate di trattografia associate alla metodica della risonanza magnetica nucleare (MRI), ha dimostrato che la normale connettività funzionale cerebrale è alterata secondo particolari profili fenotipici. In particolare, la forma secondariamente progressiva è associata con le alterazioni più diffuse. [Cfr. Eloy Martinez-Heras et al., J Neurol Neurosurg Psychiatry, June 15, 2023].

 

Disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività (ADHD): linee guida per la clinica. Un prezioso lavoro di aggiornamento necessario per la pratica clinica è stato realizzato da Tae-Hoon Eom e Young-Hoon Kim mediante un’analisi ragionata delle linee guida sull’ADHD pubblicate dall’AAP nel 2000, nel 2011 e nel 2019, e un confronto con quelle di recente formulate dalla SDBP. Le indicazioni e i suggerimenti per il trattamento e la gestione dei sintomi sono aggiornati alle più recenti acquisizioni e utili per tutti coloro che operano in campo riabilitativo. [Cfr. Clinical Practice Guidelines for Attention-deficit/Hyperactivity Disorder: Recent Updates. Clin Exp Pediatr Jun 14, 2023].

 

Definita una proprietà dei neuroni che li distingue dagli elementi delle reti neurali artificiali. Il cervello può essere considerato come un’enorme rete ricorrente di cellule nervose, e tale concezione è alla base dei modelli di reti neurali artificiali, che simulano i neuroni mediante rappresentazioni matematiche semplificate. Le cellule nervose sono differenti dai neuroni artificiali per varie ragioni, alcune delle quali rendono insufficiente la loro rappresentazione matematica corrente nei modelli di reti. In particolare, una caratteristica della connettività nella rete ricorrente cerebrale, come l’organizzazione modulare, interagisce con le proprietà biofisiche delle cellule nervose, realizzando dinamiche e funzioni in un modo non ancora definito e quindi ignorato dalle simulazioni matematiche dei neuroni.

Takuma Sumi e colleghi hanno indagato il rapporto tra la rete ricorrente con la sua organizzazione modulare e le proprietà biofisiche neuroniche e hanno accertato che i bacini di neuroni biologici agiscono filtrando i segnali di input, in un modo che può essere classificato mediante un decoder lineare, e che la modularità nella connettività ricorrente facilita la prestazione di classificazione. [Cfr. PNAS USA 120 (25) e22117008120, June 12, 2023].

 

Il rischio di abbandonare idealità e virtù come vuole la tendenza oggi prevalente. Immanuel Kant affermava: “Siamo acculturati in alto grado grazie all’arte e alla scienza, siamo civilizzati fino al fastidio, nei più svariati comportamenti di garbo e di decoro. Ma a poterci già ritenere moralizzati manca ancora moltissimo”. E poi: “qualsiasi bene, ora, che non si innesti su un’intenzione moralmente buona è niente altro che mera parvenza e rilucente miseria. Il genere umano, io credo, è destinato a rimanere in questa condizione finché esso non si sarà districato nel modo che ho detto dall’assetto caotico dei suoi rapporti politici”[1]. Kant suggerisce di considerare tutta la storia del genere umano come l’attuazione di un piano segreto perseguito dalla natura per istaurare un ordine perfetto in cui l’umanità possa sviluppare compiutamente tutte le sue disposizioni. E, in realtà, concepisce l’esercizio e lo sviluppo delle disposizioni come esercizio delle virtù.

Un tema mai del tutto abbandonato; solo che le virtù sono state intese in modo differente: nella fase giacobina della Rivoluzione francese si passa dalla priorità delle virtù civili all’esclusività delle virtù rivoluzionarie: si pretende l’insegnamento forzoso dei nuovi principi virtuosi e l’imposizione dei comportamenti corrispondenti. Nel Novecento, mentre più generazioni di giovani sperano di sradicare definitivamente il male dal mondo, si aggrava la crisi del modello antropologico cristiano avviata nel XIX secolo e le virtù, tradizionalmente legate all’idealità spirituale, diventano sinonimo di sensibilità sociale e coscienza di classe nel materialismo marxista, oppure sono deformate nel loro opposto di eccellenza nel male del nazismo. L’umanità regredisce nella mostruosa e straziante barbarie della guerra planetaria e le macerie rendono evidente che, se al tempo di Kant mancava moltissimo per diventare moralizzati, in quegli anni ritrovare virtù morali sembra un’impresa disperata. Poi c’è la ricostruzione delle città, delle coscienze, dell’ordine civile, del filo culturale che attraverso i desideri e la speranza poteva legare la memoria storica di valori universali a nuovi ideali da realizzare nel presente e in futuro.

Poi ci si sveglia nel terzo millennio e si scopre che negli ultimi due secoli, nonostante tutto il progresso scientifico e tecnologico, siamo in realtà ritornati a prima dell’epoca di Kant, perché il presunto multiculturalismo delle società contemporanee è una condizione priva di anima culturale, che si regge sulla comune e condivisa idolatria del danaro da parte di una maggioranza che, non solo è lontanissima dall’essere moralizzata almeno quel tanto necessario ad abitare il pianeta senza distruggerlo, ma non è più nemmeno acculturata e civilizzata. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

La principale causa di errore nelle teorie sulla fisiologia e il comportamento umano. Lucrezio nel De Rerum Natura spiega a suo avviso come sia possibile l’attività motoria umana e, in particolare, la deambulazione:

Ora ti dirò – stammi attento – come si può camminare ogni qualvolta si vuole, come ci è dato di muovere in vario modo le membra e quale impulso di solito sospinge il peso sì grande di questa nostra persona. Dico che prima le immagini del moto s’urtano all’animo nostro, e lo scuotono come dissi: indi nasce il volere. Giacché nessuno intraprende a far qualcosa se prima non gi si affaccia l’immagine di ciò che vuole alla mente: e ciò che si affaccia è l’immagine di quella cosa che vuole. Adunque l’animo, quando s’eccita tanto che intende andare e muoversi, subito urta la forza dell’anima sparsa nel corpo per ogni membro e per ogni giuntura: impresa facile a compiersi, tanto essa gli si compenetra: essa urta quindi a sua volta il corpo, e tutta in tal modo a poco a poco la macchina è spinta innanzi ed è mossa[2].

L’insufficienza di dati rimane la causa principale di errore: senza elementi concreti di osservazione empirica che caratterizzino i fenomeni non è possibile elaborare una vera teoria, ma solo una costruzione che si basa su plausibilità e ragionevolezza delle intuizioni. In qualche caso, si può avere una somiglianza nella forma tra il costrutto ipotetico intuitivo e la teoria basata sugli esiti delle osservazioni sperimentali, come nel caso dell’eccitazione dell’animo di Lucrezio, che oggi fa pensare all’eccitazione dei neuroni motori della corteccia cerebrale, e il suo urtare la forza dell’anima sparsa nel corpo per ogni membro, che si può accostare all’azione delle giunzioni neuromuscolari acetilcoliniche. Ma si tratta solo di un accostamento suggestivo nella forma senza equivalenza nella sostanza. Le teorie scientifiche, che si possono anche definire come strutture di intelligenza potenziale in grado di prevedere fenomeni o esiti fenomenici, per essere realmente tali devono solidamente e coerentemente fondarsi su dati di conoscenza pregressa.

Nel gergo giuridico si chiamano teorie le congetture e, secondo questa accezione ampia e vaga, si è inteso il termine in quell’ambito speculativo e creativo di studi sulla mente che si è sviluppato a partire da dottrine psicoterapeutiche nella seconda metà del secolo scorso, anche a dispetto della critica/autocritica che proveniva da saggi come quello di Maud Mannoni, La teoria come fantasia – Freud, Groddeck, Winnicott, Lacan (1980).

Con la nascita delle neuroscienze, ossia della casa comune in cui la psicologia deve rendere conto alle discipline neurobiologiche e viceversa, si è adottato il criterio scientifico di teoria. Molte delle costruzioni teoriche basate a loro volta su una convenzione, quale il concetto di “mente”, che si sono affermate in psichiatria perché apparentemente in grado di prevedere peculiarità diagnostiche, ma poi accantonate perché rivelatesi inconsistenti o infondate, mancavano di dati sperimentali o di verifica fattuale a supporto. È vero che molte volte il livello della psicopatologia non è agevolmente riportabile a processi fisiopatologici cerebrali e, dunque, non può giovarsi di una base sicura, ma è preferibile rimanere nell’ambito delle ipotesi e dei modelli da verificare, piuttosto che sviluppare un impianto teorico fondato su spunti suggestivi e prodotti della creatività lontani da osservazioni e deduzioni tratte dalla realtà. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

L’esperienza personale è il nodo di passaggio storico dalla filosofia alla psicologia. Lo Schopenhauer degli Aforismi sulla saggezza del vivere è un buon modello di questo concetto che trova innumerevoli riscontri nella storia. Pensando alla propria esperienza personale, Schopenhauer desume che l’atteggiamento più vantaggioso oltre che moralmente desiderabile è quello ispirato alla saggia riflessione raccomandata da Omero: “Perché anche se i tiri maligni si pagano nell’aldilà, le stupidaggini si scontano su questa terra, pure se, di tanto in tanto, anziché castigati si è graziati. Non chi ha l’aspetto furibondo, ma chi ha l’aria intelligente appare temibile e pericoloso; così è sicuro che il cervello è un’arma assai più temibile che gli artigli del leone”[3].

Ma poi, il filosofo dei Parerga e paralipomena, si rende conto che, accanto alla prudenza, è necessario il coraggio: virtù già celebrata da Aristotele, ma da lui proposta come costante atteggiamento mentale da tenere nei confronti della vita, che considera una continua lotta: Tu ne cede malis sed contra audentior ito (Virgilio, Eneide, VI, 95: Non cedere ai mali, ma affrontali con audacia). La sua esperienza personale lo porta ad affermare che la vita consiste nel superare ostacoli e, dunque, è necessario non avere mai paura, timore o addirittura entrare nello scoraggiamento dei pusillanimi (in pulicis morsu Deum invocare).

Schopenhauer non riporta questi atteggiamenti psichici a stati della mente, anche se si rende conto che non si possono fare apparire con un atto di volontà, ma ritiene che la prudenza si erediti dalla madre e il coraggio dal padre[4]. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

 

Identificazione: lo studio dei processi alla base del tifo calcistico. L’esistenza nella passione sportiva per una squadra di calcio di uno stato funzionale definito in psicologia “identificazione” è provato dal profilo di reattività affettivo-emozionale: non solo il “tifoso” gioisce per le vittorie e gli esiti positivi del gioco della propria squadra e si dispiace per le sconfitte e gli esiti negativi, ma in molti casi si comporta come se le vicende della squadra del cuore durante una partita di calcio fossero esperienze personali dirette, e reagisce con l’attivazione dei sistemi neuronici dello stress e lo sviluppo, non di rado, di una forma di sofferenza acuta.

A tutt’oggi non si conoscono i meccanismi implicati nella genesi di questo stato funzionale, che si ritiene possa essere attribuito all’entrata in azione di processi elementari di lunga storia filogenetica. Basti pensare che l’identificazione empatica con gli amici in genere non comporta, se si sa di un loro piccolo problema di salute o di una loro difficoltà economica, la sofferenza che produce nel tifoso il trascorrere dei minuti quando un goal non arriva o si prospetta una sconfitta.

Dunque, in termini di risposta acuta, si tratta di una reazione più intensa, vicina al paradigma di base della fight or flight response. In molti tifosi, soprattutto se hanno alimentato per molti anni la passione sportiva, l’attesa per una partita importante è come l’attesa per un esame difficile da affrontare ma da superare a ogni costo, e le fasi di incertezza e rischio di sconfitta durante la competizione sono vissute come l’esposizione a un pericolo per l’incolumità fisica. In questi casi bisognerebbe stabilire quale combinazione di circuiti attivati è in grado di trasformare gli stimoli di una realtà evocatrice di emozioni in gravi minacce per l’integrità e la vita della persona.

Allo scopo di definire un piano di studio che stabilisca i termini di un lavoro di ricerca da condurre in questo campo, i membri della nostra società scientifica hanno programmato alcuni incontri interdisciplinari. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

La mente medievale alle origini del mentale moderno e contemporaneo (XXI) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23 Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule; Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e Notizie 11-03-23; Note e Notizie 18-03-23 Notule; Note e Notizie 25-03-23 Notule; Note e Notizie 01-04-23 Notule; Note e Notizie 15-04-23; Note e Notizie 22-04-23; Note e Notizie 29-04-23; Note e Notizie 06-05-23; Note e Notizie 13-05-23; Note e Notizie 20-05-23; Note e Notizie 27-05-23; Note e Notizie 03-06-23; Note e Notizie 10-06-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito si riportano quelli del ventunesimo incontro.

Dopo alcuni incontri dedicati al confronto di tradizioni e concezioni tra popoli di origine barbara e popoli romano-cristiani, riprendiamo le riflessioni su fatti e questioni che ci consentono deduzioni e inferenze generali sulla mente medievale.

Nel paragone con le epoche precedenti e successive, nel Medioevo sembra mancare quella estesa gamma di toni del giudizio e di calibrature interpretative della realtà umana, che aveva caratterizzato lo stile degli antichi e che poi ritornerà in auge dall’epoca rinascimentale in avanti. La rigidità era in genere considerata sinonimo di rigore, integrità e fedeltà al vero e giusto; la propensione ad avvicinare il registro di giudizio a una specifica realtà umana era ritenuta segno di debolezza compromissoria. Con ogni probabilità, l’influenza maggiore si deve allo stile derivato dall’insegnamento dei Padri della Chiesa: “Chi non è con me è contro di me” fa dell’ateo un nemico e, fra i credenti, separa i fedeli dagli eretici, in una realtà in cui il timore quotidiano di poter essere ucciso riporta la paura per la propria morte all’assoluto della perdita della vita eterna da parte dell’umanità peccatrice. Il peccato, quale colpa davanti a Dio che uccide l’assoluto ideale dell’anima e cancella la speranza dell’umanità, costituisce il nemico delle singole coscienze e del popolo dei battezzati, che ha preso il posto del popolo d’Israele del Vecchio Testamento quale interprete della volontà divina.

Nei quasi mille anni che intercorrono tra la fine della persecuzione e l’istituzione della confessione individuale auricolare, la possibilità per il peccatore di ottenere il perdono e accedere al sacramento dell’eucarestia passava per riti pubblici e collettivi di penitenza, attraverso i quali si impetrava il perdono divino. I sacerdoti, in quanto eredi degli Apostoli ai quali era stato concesso il potere di rimettere i peccati, potevano avere dubbi circa il fatto che qualche peccatore fosse stato perdonato grazie al rito penitenziale collettivo e, prima che tale giudizio fosse riservato ai vescovi, ogni presbitero poteva riferire al peccatore di non ritenere che fosse degno di partecipare alla comunione dei fedeli nel rito eucaristico della divisione del pane consacrato. In altri termini, in quei primi secoli, un peccatore che partecipava al rito penitenziale poteva essere assolto o scomunicato.

Nei secoli seguenti, lo scrupolo dei consacrati darà luogo all’elaborazione dei penitenziali, che potevano prevedere penitenze espiatorie della durata di mesi o anni per ottenere il perdono dei peccati.

Alcuni straordinari documenti ci trasmettono espressioni di assoluto rigore dei prelati passate alla storia: L’Imperatore Teodosio a Milano chiese di partecipare al rito eucaristico, ma il Vescovo Sant’Ambrogio gli ordinò di svestirsi del manto regale, togliersi il diadema e unirsi ai penitenti, fra i quali lo lascò ad espiare perché aveva ordinato il massacro dei Tessalonicesi; a Cesarea l’Imperatore Valente si vide rifiutare le offerte penitenziali da San Basilio, che lo dichiarò eretico[5].

Anche se alcuni storici considerano l’eresia come un “reato d’opinione istituito dalla Chiesa”, il suo valore si può comprendere solo alla luce del senso spirituale – e per questo psico-antropologico profondo – che aveva assunto nella considerazione medievale corrente: l’eretico si sostituiva al Logos incarnato, a Gesù Cristo, quale interprete della volontà del Padre, e realizzava lo scopo diabolico di allontanare l’uomo da Dio, ingannandolo circa la verità.

Peter Brown ricostruisce il modo in cui si svolge il rito dell’eucarestia in una basilica del IV secolo e il suo collegamento con il rito penitenziale: “L’accesso all’eucarestia comportava una serie di atti di separazione e di adesione perfettamente visibili. Quando cominciava la liturgia principale dell’eucarestia, la massa dei catecumeni veniva allontanata dall’edificio[6]. La cerimonia iniziava col gesto dei credenti che portano offerte all’altare. Nella solenne sfilata finale dei fedeli che vengono a partecipare alla «mistica cena», veniva evidenziata l’unica gerarchia fissa nell’ambito del gruppo cristiano: prima i vescovi e il clero, poi i casti di ambo i sessi e in ultimo i laici sposati. In una zona sul retro della basilica, il più lontano dall’abside, stavano i «penitenti», coloro che erano esclusi per i loro peccati da tali tangibili atti di partecipazione”[7].

È interessante la rappresentazione in termini di collocazione nello spazio del valore simbolico della presenza di catecumeni e penitenti: i primi sono posti fuori all’inizio, in quanto non sono ancora parte, i secondi sono allontanati in un luogo ben visibile di esclusione, in quanto membri della comunità ma allontanatisi nel peccato. I penitenti si sono sottoposti a digiuno penitenziale e, per sottomettersi a Dio, rinunciano al mondo mortificando ogni aspetto della vanità in una lunga vigilia di preghiere che precede il recarsi al tempio: “Moralmente umiliati, con abiti indegni della loro condizione sociale, con la barba non rasata, aspettavano, ben visibili a tutti, il pubblico gesto di riconciliazione col loro vescovo”[8].

Per essere cristiani e appartenere alla comunione spirituale dei battezzati si richiedeva purezza di cuore, il che voleva dire castità, povertà e obbedienza: tre aspetti dello stesso spirito, in quanto l’essere casti vuol dire non pensare secondo la carne, essere poveri vuol dire non pensare secondo il mondo e essere obbedienti vuol dire mettere al primo posto Dio. A differenza di oggi, un ricco non poteva dirsi cristiano, a meno che non donasse gran parte delle sue ricchezze ai poveri: l’elemosina agli indigenti è sempre parte essenziale del lungo percorso penitenziale per ottenere il perdono anche di peccati di pensiero veniali o piccole omissioni, che non richiedevano pubblica penitenza. Se il peccatore vuole che Dio ascolti la preghiera di richiesta del perdono, deve dare ascolto alla richiesta dei mendicanti. L’intransigenza di presbiteri e alti prelati in questa materia era assoluta.

Si legge del santo dottore della Chiesa dalla “bocca d’oro”: “Giovanni Crisostomo, come sappiamo, si rese estremamente impopolare a Costantinopoli per la sua abitudine di seguire con gli occhi l’uno o l’altro proprietario terriero o cortigiano al suo entrare o uscire dalla basilica durante le sue prediche, additandoli con quello sguardo pubblico e penetrante come i veri colpevoli dei peccati e delle ingiustizie sociali che denunciava dalla sua cattedra”[9].

Il Vangelo condanna i Farisei vestiti di porpora e di bisso, e dunque i sacerdoti raccomandano ai ricchi di non vestire abiti lussuosi e ornarsi con oggetti preziosi, ma molti di loro non vogliono rinunciare al piacere di distinguersi, essere ammirati e invidiati, e allora indossano abiti domenicali impreziositi dal ricamo di scene tratte dai Vangeli[10].

L’obbligo penitenziale dell’oblazione produce coesione sociale, perché genera una solidarietà che non dipende dall’occasionalità di convenienze reciproche, ma da un imperativo assoluto e permanente per la salvezza dell’anima.

Ma la nostra attenzione si è focalizzata principalmente sul peccato, considerato a quel tempo principio etico universale e prototipo dell’errore oggettivo e assoluto, in quanto arreca danno a chi lo compie e a tutti coloro che subiscono le conseguenze materiali o morali del male in cui il peccato consiste. La concezione del peccato genera specifici effetti sulla psicologia individuale e collettiva, che si possono più facilmente riconoscere per contrasto dal confronto con i modi di porsi e di intendere l’agire umano da parte dei membri delle società contemporanee.

Il giudizio su un comportamento degli altri, dai familiari ai conoscenti, dai sodali d’arte e mestiere fino ai governanti, prende le mosse da un primo discrimine dirimente: è virtuoso o peccaminoso?

Il cristianesimo insegna la sorveglianza di sé stessi ma anche degli altri circa il peccato: non bisogna giudicare – nel senso di processare e condannare – gli altri, ma si devono valutare le loro azioni, perché è compito di tutti la correzione fraterna comandata nel Vangelo. In altre parole, se un fratello è in errore, e per questo errore pecca, è dovere del cristiano correggerlo: non ci si può salvare lasciando peccare il fratello, come oggi si fa con la scusa della “tolleranza pluralistica”; ogni peccatore deve essere visto come persona per la quale Cristo si è immolato e, dunque, per amore nei suoi confronti lo si deve avvertire, se è in errore, e spiegargli che basta pentirsi con cuore sincero per ottenere il perdono di Dio, la cui misericordia è infinita. Si è dispensati dalla correzione quando l’errante non è un fratello di fede, non si dichiara tale, come nel caso dell’ateo che disprezza il credente considerandolo un ingenuo, un illuso o un minus habens, cosa che nel Medioevo costituiva una rara eccezione. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

Notule

BM&L-17 giugno 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Kant, Idea per una storia universale vista dal punto di vista cosmopolitico, (in Stato di diritto e società civile) p. 108, Editori Riuniti, Roma 1982.

[2] Lucrezio, De Rerum Natura, pp. 293-295, Rizzoli, Milano 1980.

[3] Schopenhauer, Aforismi sulla saggezza del vivere, p. 222, Oscar Mondadori, Milano 1994.

[4] Cfr. Schopenhauer, op. cit., idem.

[5]  Cfr. Peter Brown, Tarda antichità in La vita privata dall’Impero romano all’anno Mille (a cura di Philippe Ariès & Georges Duby) pp. 204-205, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano 1986.

[6] Catecumeni erano coloro che avevano intrapreso il percorso di purificazione per accedere al sacramento del battesimo; in quanto non ancora battezzati, venivano simbolicamente allontanati dalla chiesa in questa fase del rito.

[7] Peter Brown, Tarda antichità, op. cit., p. 204.

[8] Peter Brown, Tarda antichità, op. cit., idem.

[9] Peter Brown, Tarda antichità, op. cit., p. 203. Inimicatosi i potenti, fu esiliato per due volte e morì durante il viaggio di trasferimento a Pitiunte. Le sue spoglie sono custodite nella Basilica di San Pietro in Vaticano.

[10] Peter Brown, Tarda antichità, op. cit., idem.