Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XX – 17 giugno 2023.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Nella
sclerosi multipla la connettività cerebrale è alterata secondo particolari
fenotipi.
Un nuovo studio dei pattern di connettività nella sclerosi multipla (MS),
mediante tecniche avanzate di trattografia associate alla metodica della
risonanza magnetica nucleare (MRI), ha dimostrato che la normale connettività
funzionale cerebrale è alterata secondo particolari profili fenotipici. In
particolare, la forma secondariamente progressiva è associata con le
alterazioni più diffuse. [Cfr. Eloy Martinez-Heras et al., J Neurol Neurosurg Psychiatry, June 15, 2023].
Disturbo
da deficit dell’attenzione con iperattività (ADHD): linee guida per la clinica. Un prezioso lavoro di aggiornamento
necessario per la pratica clinica è stato realizzato da Tae-Hoon
Eom e Young-Hoon Kim
mediante un’analisi ragionata delle linee guida sull’ADHD pubblicate dall’AAP
nel 2000, nel 2011 e nel 2019, e un confronto con quelle di recente formulate
dalla SDBP. Le indicazioni e i suggerimenti per il trattamento e la gestione
dei sintomi sono aggiornati alle più recenti acquisizioni e utili per tutti coloro
che operano in campo riabilitativo. [Cfr. Clinical
Practice Guidelines for Attention-deficit/Hyperactivity Disorder: Recent
Updates. Clin Exp Pediatr Jun 14, 2023].
Definita
una proprietà dei neuroni che li distingue dagli elementi delle reti neurali
artificiali.
Il cervello può essere considerato come un’enorme rete ricorrente di cellule
nervose, e tale concezione è alla base dei modelli di reti neurali artificiali,
che simulano i neuroni mediante rappresentazioni matematiche semplificate. Le
cellule nervose sono differenti dai neuroni artificiali per varie ragioni, alcune
delle quali rendono insufficiente la loro rappresentazione matematica corrente nei
modelli di reti. In particolare, una caratteristica della connettività nella
rete ricorrente cerebrale, come l’organizzazione modulare, interagisce con
le proprietà biofisiche delle cellule nervose, realizzando dinamiche e funzioni
in un modo non ancora definito e quindi ignorato dalle simulazioni matematiche
dei neuroni.
Takuma
Sumi e colleghi hanno indagato il rapporto tra la rete ricorrente con la sua
organizzazione modulare e le proprietà biofisiche neuroniche e hanno accertato
che i bacini di neuroni biologici agiscono filtrando i segnali di
input, in un modo che può essere classificato mediante un decoder
lineare, e che la modularità nella connettività ricorrente facilita
la prestazione di classificazione. [Cfr. PNAS USA 120 (25)
e22117008120, June 12, 2023].
Il
rischio di abbandonare idealità e virtù come vuole la tendenza oggi prevalente. Immanuel Kant affermava: “Siamo acculturati
in alto grado grazie all’arte e alla scienza, siamo civilizzati fino al
fastidio, nei più svariati comportamenti di garbo e di decoro. Ma a poterci già
ritenere moralizzati manca ancora moltissimo”. E poi: “qualsiasi bene, ora,
che non si innesti su un’intenzione moralmente buona è niente altro che mera
parvenza e rilucente miseria. Il genere umano, io credo, è destinato a rimanere
in questa condizione finché esso non si sarà districato nel modo che ho detto
dall’assetto caotico dei suoi rapporti politici”[1]. Kant suggerisce di considerare tutta
la storia del genere umano come l’attuazione di un piano segreto perseguito
dalla natura per istaurare un ordine perfetto in cui l’umanità possa sviluppare
compiutamente tutte le sue disposizioni. E, in realtà, concepisce l’esercizio e
lo sviluppo delle disposizioni come esercizio delle virtù.
Un
tema mai del tutto abbandonato; solo che le virtù sono state intese in modo
differente: nella fase giacobina della Rivoluzione francese si passa dalla
priorità delle virtù civili all’esclusività delle virtù rivoluzionarie:
si pretende l’insegnamento forzoso dei nuovi principi virtuosi e l’imposizione
dei comportamenti corrispondenti. Nel Novecento, mentre più generazioni di
giovani sperano di sradicare definitivamente il male dal mondo, si aggrava la
crisi del modello antropologico cristiano avviata nel XIX secolo e le virtù,
tradizionalmente legate all’idealità spirituale, diventano sinonimo di
sensibilità sociale e coscienza di classe nel materialismo marxista, oppure
sono deformate nel loro opposto di eccellenza nel male del nazismo. L’umanità
regredisce nella mostruosa e straziante barbarie della guerra planetaria e le
macerie rendono evidente che, se al tempo di Kant mancava moltissimo per diventare
moralizzati, in quegli anni ritrovare virtù morali sembra un’impresa
disperata. Poi c’è la ricostruzione delle città, delle coscienze, dell’ordine
civile, del filo culturale che attraverso i desideri e la speranza poteva
legare la memoria storica di valori universali a nuovi ideali da realizzare nel
presente e in futuro.
Poi
ci si sveglia nel terzo millennio e si scopre che negli ultimi due secoli, nonostante
tutto il progresso scientifico e tecnologico, siamo in realtà ritornati a prima
dell’epoca di Kant, perché il presunto multiculturalismo delle società contemporanee
è una condizione priva di anima culturale, che si regge sulla comune e
condivisa idolatria del danaro da parte di una maggioranza che, non solo è
lontanissima dall’essere moralizzata almeno quel tanto necessario ad abitare il
pianeta senza distruggerlo, ma non è più nemmeno acculturata e civilizzata. [BM&L-Italia, giugno 2023].
La
principale causa di errore nelle teorie sulla fisiologia e il comportamento
umano.
Lucrezio nel De Rerum Natura spiega a suo avviso come sia possibile l’attività
motoria umana e, in particolare, la deambulazione:
Ora
ti dirò – stammi attento – come si può camminare ogni qualvolta si vuole, come
ci è dato di muovere in vario modo le membra e quale impulso di solito sospinge
il peso sì grande di questa nostra persona. Dico che prima le immagini del moto
s’urtano all’animo nostro,
e lo scuotono come dissi: indi nasce il volere. Giacché nessuno intraprende
a far qualcosa se prima non gi si affaccia l’immagine di ciò che vuole alla
mente: e ciò che si affaccia è l’immagine di quella cosa che vuole. Adunque l’animo,
quando s’eccita tanto che intende andare e muoversi, subito urta la forza dell’anima
sparsa nel corpo per ogni membro e per ogni giuntura: impresa facile a
compiersi, tanto essa gli si compenetra: essa urta quindi a sua volta il corpo,
e tutta in tal modo a poco a poco la macchina è spinta innanzi ed è mossa[2].
L’insufficienza
di dati rimane la causa principale di errore: senza elementi concreti di
osservazione empirica che caratterizzino i fenomeni non è possibile elaborare
una vera teoria, ma solo una costruzione che si basa su plausibilità e
ragionevolezza delle intuizioni. In qualche caso, si può avere una somiglianza nella
forma tra il costrutto ipotetico intuitivo e la teoria basata sugli esiti delle
osservazioni sperimentali, come nel caso dell’eccitazione dell’animo di
Lucrezio, che oggi fa pensare all’eccitazione dei neuroni motori della
corteccia cerebrale, e il suo urtare la forza dell’anima sparsa nel corpo
per ogni membro, che si può accostare all’azione delle giunzioni
neuromuscolari acetilcoliniche. Ma si tratta solo di un accostamento suggestivo
nella forma senza equivalenza nella sostanza. Le teorie scientifiche, che si
possono anche definire come strutture di intelligenza potenziale in grado di
prevedere fenomeni o esiti fenomenici, per essere realmente tali devono
solidamente e coerentemente fondarsi su dati di conoscenza pregressa.
Nel
gergo giuridico si chiamano teorie le congetture e, secondo questa
accezione ampia e vaga, si è inteso il termine in quell’ambito speculativo e
creativo di studi sulla mente che si è sviluppato a partire da dottrine
psicoterapeutiche nella seconda metà del secolo scorso, anche a dispetto della
critica/autocritica che proveniva da saggi come quello di Maud Mannoni, La
teoria come fantasia – Freud, Groddeck, Winnicott,
Lacan (1980).
Con
la nascita delle neuroscienze, ossia della casa comune in cui la psicologia
deve rendere conto alle discipline neurobiologiche e viceversa, si è adottato
il criterio scientifico di teoria. Molte delle costruzioni teoriche basate
a loro volta su una convenzione, quale il concetto di “mente”, che si sono affermate
in psichiatria perché apparentemente in grado di prevedere peculiarità diagnostiche,
ma poi accantonate perché rivelatesi inconsistenti o infondate, mancavano di
dati sperimentali o di verifica fattuale a supporto. È vero che molte volte il
livello della psicopatologia non è agevolmente riportabile a processi
fisiopatologici cerebrali e, dunque, non può giovarsi di una base sicura, ma è preferibile
rimanere nell’ambito delle ipotesi e dei modelli da verificare, piuttosto che
sviluppare un impianto teorico fondato su spunti suggestivi e prodotti della creatività
lontani da osservazioni e deduzioni tratte dalla realtà. [BM&L-Italia, giugno 2023].
L’esperienza personale è il nodo di
passaggio storico dalla filosofia alla psicologia. Lo Schopenhauer
degli Aforismi sulla saggezza del vivere è un buon modello di questo
concetto che trova innumerevoli riscontri nella storia. Pensando alla propria esperienza
personale, Schopenhauer desume che l’atteggiamento più vantaggioso oltre che
moralmente desiderabile è quello ispirato alla saggia riflessione
raccomandata da Omero: “Perché anche se i tiri maligni si pagano nell’aldilà,
le stupidaggini si scontano su questa terra, pure se, di tanto in tanto,
anziché castigati si è graziati. Non chi ha l’aspetto furibondo, ma chi ha l’aria
intelligente appare temibile e pericoloso; così è sicuro che il cervello è un’arma
assai più temibile che gli artigli del leone”[3].
Ma poi, il filosofo dei Parerga e paralipomena, si rende conto che, accanto alla prudenza,
è necessario il coraggio: virtù già celebrata da Aristotele, ma da lui
proposta come costante atteggiamento mentale da tenere nei confronti della vita,
che considera una continua lotta: Tu ne cede malis
sed contra audentior ito
(Virgilio, Eneide, VI, 95: Non cedere ai mali, ma affrontali con
audacia). La sua esperienza personale lo porta ad affermare che la vita
consiste nel superare ostacoli e, dunque, è necessario non avere mai paura,
timore o addirittura entrare nello scoraggiamento dei pusillanimi (in pulicis morsu Deum
invocare).
Schopenhauer non riporta questi atteggiamenti
psichici a stati della mente, anche se si rende conto che non si possono fare
apparire con un atto di volontà, ma ritiene che la prudenza si erediti dalla
madre e il coraggio dal padre[4]. [BM&L-Italia,
giugno 2023].
Identificazione:
lo studio dei processi alla base del tifo calcistico. L’esistenza nella passione sportiva
per una squadra di calcio di uno stato funzionale definito in psicologia “identificazione”
è provato dal profilo di reattività affettivo-emozionale: non solo il “tifoso”
gioisce per le vittorie e gli esiti positivi del gioco della propria squadra e
si dispiace per le sconfitte e gli esiti negativi, ma in molti casi si comporta
come se le vicende della squadra del cuore durante una partita di calcio
fossero esperienze personali dirette, e reagisce con l’attivazione dei sistemi
neuronici dello stress e lo sviluppo, non di rado, di una forma di
sofferenza acuta.
A
tutt’oggi non si conoscono i meccanismi implicati nella genesi di questo stato
funzionale, che si ritiene possa essere attribuito all’entrata in azione di
processi elementari di lunga storia filogenetica. Basti pensare che l’identificazione
empatica con gli amici in genere non comporta, se si sa di un loro piccolo
problema di salute o di una loro difficoltà economica, la sofferenza che
produce nel tifoso il trascorrere dei minuti quando un goal non arriva o si
prospetta una sconfitta.
Dunque,
in termini di risposta acuta, si tratta di una reazione più intensa, vicina al
paradigma di base della fight or flight response. In molti
tifosi, soprattutto se hanno alimentato per molti anni la passione sportiva, l’attesa
per una partita importante è come l’attesa per un esame difficile da affrontare
ma da superare a ogni costo, e le fasi di incertezza e rischio di sconfitta
durante la competizione sono vissute come l’esposizione a un pericolo per l’incolumità
fisica. In questi casi bisognerebbe stabilire quale combinazione di circuiti
attivati è in grado di trasformare gli stimoli di una realtà evocatrice di
emozioni in gravi minacce per l’integrità e la vita della persona.
Allo
scopo di definire un piano di studio che stabilisca i termini di un lavoro di
ricerca da condurre in questo campo, i membri della nostra società scientifica hanno
programmato alcuni incontri interdisciplinari. [BM&L-Italia, giugno 2023].
La mente medievale alle origini del
mentale moderno e contemporaneo (XXI) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte
del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note
e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23
Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule; Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e
Notizie 11-03-23; Note e Notizie 18-03-23 Notule; Note e Notizie 25-03-23 Notule;
Note e Notizie 01-04-23 Notule; Note e Notizie 15-04-23; Note e Notizie 22-04-23;
Note e Notizie 29-04-23; Note e Notizie 06-05-23; Note e Notizie 13-05-23; Note
e Notizie 20-05-23; Note e Notizie 27-05-23; Note e Notizie 03-06-23; Note e
Notizie 10-06-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito
si riportano quelli del ventunesimo incontro.
Dopo alcuni incontri dedicati al confronto di
tradizioni e concezioni tra popoli di origine barbara e popoli romano-cristiani,
riprendiamo le riflessioni su fatti e questioni che ci consentono deduzioni e inferenze
generali sulla mente medievale.
Nel paragone con le epoche precedenti e successive,
nel Medioevo sembra mancare quella estesa gamma di toni del giudizio e di calibrature
interpretative della realtà umana, che aveva caratterizzato lo stile degli antichi
e che poi ritornerà in auge dall’epoca rinascimentale in avanti. La rigidità
era in genere considerata sinonimo di rigore, integrità e fedeltà al vero e
giusto; la propensione ad avvicinare il registro di giudizio a una specifica
realtà umana era ritenuta segno di debolezza compromissoria. Con ogni
probabilità, l’influenza maggiore si deve allo stile derivato dall’insegnamento
dei Padri della Chiesa: “Chi non è con me è contro di me” fa dell’ateo un
nemico e, fra i credenti, separa i fedeli dagli eretici, in una realtà in cui il
timore quotidiano di poter essere ucciso riporta la paura per la propria morte
all’assoluto della perdita della vita eterna da parte dell’umanità peccatrice. Il
peccato, quale colpa davanti a Dio che uccide l’assoluto ideale dell’anima e
cancella la speranza dell’umanità, costituisce il nemico delle singole
coscienze e del popolo dei battezzati, che ha preso il posto del popolo d’Israele
del Vecchio Testamento quale interprete della volontà divina.
Nei quasi mille anni che intercorrono tra la fine
della persecuzione e l’istituzione della confessione individuale auricolare, la
possibilità per il peccatore di ottenere il perdono e accedere al sacramento
dell’eucarestia passava per riti pubblici e collettivi di penitenza, attraverso
i quali si impetrava il perdono divino. I sacerdoti, in quanto eredi degli
Apostoli ai quali era stato concesso il potere di rimettere i peccati, potevano
avere dubbi circa il fatto che qualche peccatore fosse stato perdonato grazie al
rito penitenziale collettivo e, prima che tale giudizio fosse riservato ai vescovi,
ogni presbitero poteva riferire al peccatore di non ritenere che fosse degno di
partecipare alla comunione dei fedeli nel rito eucaristico della divisione del
pane consacrato. In altri termini, in quei primi secoli, un peccatore che
partecipava al rito penitenziale poteva essere assolto o scomunicato.
Nei secoli seguenti, lo scrupolo dei consacrati darà
luogo all’elaborazione dei penitenziali, che potevano prevedere penitenze
espiatorie della durata di mesi o anni per ottenere il perdono dei peccati.
Alcuni straordinari documenti ci trasmettono
espressioni di assoluto rigore dei prelati passate alla storia: L’Imperatore
Teodosio a Milano chiese di partecipare al rito eucaristico, ma il Vescovo Sant’Ambrogio
gli ordinò di svestirsi del manto regale, togliersi il diadema e unirsi ai
penitenti, fra i quali lo lascò ad espiare perché aveva ordinato il massacro dei
Tessalonicesi; a Cesarea l’Imperatore Valente si vide rifiutare le offerte penitenziali
da San Basilio, che lo dichiarò eretico[5].
Anche se alcuni storici considerano l’eresia come un
“reato d’opinione istituito dalla Chiesa”, il suo valore si può comprendere
solo alla luce del senso spirituale – e per questo psico-antropologico profondo
– che aveva assunto nella considerazione medievale corrente: l’eretico si
sostituiva al Logos incarnato, a Gesù Cristo, quale interprete della
volontà del Padre, e realizzava lo scopo diabolico di allontanare l’uomo da
Dio, ingannandolo circa la verità.
Peter Brown ricostruisce il modo in cui si svolge il
rito dell’eucarestia in una basilica del IV secolo e il suo collegamento con il
rito penitenziale: “L’accesso all’eucarestia comportava una serie di atti di
separazione e di adesione perfettamente visibili. Quando cominciava la liturgia
principale dell’eucarestia, la massa dei catecumeni veniva allontanata dall’edificio[6]. La
cerimonia iniziava col gesto dei credenti che portano offerte all’altare. Nella
solenne sfilata finale dei fedeli che vengono a partecipare alla «mistica cena»,
veniva evidenziata l’unica gerarchia fissa nell’ambito del gruppo cristiano:
prima i vescovi e il clero, poi i casti di ambo i sessi e in ultimo i laici
sposati. In una zona sul retro della basilica, il più lontano dall’abside, stavano
i «penitenti», coloro che erano esclusi per i loro peccati da tali tangibili
atti di partecipazione”[7].
È interessante la rappresentazione in termini di collocazione
nello spazio del valore simbolico della presenza di catecumeni e penitenti: i
primi sono posti fuori all’inizio, in quanto non sono ancora parte, i secondi
sono allontanati in un luogo ben visibile di esclusione, in quanto membri della
comunità ma allontanatisi nel peccato. I penitenti si sono sottoposti a digiuno
penitenziale e, per sottomettersi a Dio, rinunciano al mondo mortificando ogni
aspetto della vanità in una lunga vigilia di preghiere che precede il recarsi
al tempio: “Moralmente umiliati, con abiti indegni della loro condizione
sociale, con la barba non rasata, aspettavano, ben visibili a tutti, il pubblico
gesto di riconciliazione col loro vescovo”[8].
Per essere cristiani e appartenere alla comunione
spirituale dei battezzati si richiedeva purezza di cuore, il che voleva dire
castità, povertà e obbedienza: tre aspetti dello stesso spirito, in quanto l’essere
casti vuol dire non pensare secondo la carne, essere poveri vuol dire non
pensare secondo il mondo e essere obbedienti vuol dire mettere al primo posto
Dio. A differenza di oggi, un ricco non poteva dirsi cristiano, a meno che non
donasse gran parte delle sue ricchezze ai poveri: l’elemosina agli indigenti è
sempre parte essenziale del lungo percorso penitenziale per ottenere il perdono
anche di peccati di pensiero veniali o piccole omissioni, che non richiedevano
pubblica penitenza. Se il peccatore vuole che Dio ascolti la preghiera di richiesta
del perdono, deve dare ascolto alla richiesta dei mendicanti. L’intransigenza di
presbiteri e alti prelati in questa materia era assoluta.
Si legge del santo dottore della Chiesa dalla “bocca
d’oro”: “Giovanni Crisostomo, come sappiamo, si rese estremamente impopolare a
Costantinopoli per la sua abitudine di seguire con gli occhi l’uno o l’altro
proprietario terriero o cortigiano al suo entrare o uscire dalla basilica
durante le sue prediche, additandoli con quello sguardo pubblico e penetrante
come i veri colpevoli dei peccati e delle ingiustizie sociali che denunciava
dalla sua cattedra”[9].
Il Vangelo condanna i Farisei vestiti di porpora e
di bisso, e dunque i sacerdoti raccomandano ai ricchi di non vestire abiti lussuosi
e ornarsi con oggetti preziosi, ma molti di loro non vogliono rinunciare al
piacere di distinguersi, essere ammirati e invidiati, e allora indossano abiti
domenicali impreziositi dal ricamo di scene tratte dai Vangeli[10].
L’obbligo penitenziale dell’oblazione produce
coesione sociale, perché genera una solidarietà che non dipende dall’occasionalità
di convenienze reciproche, ma da un imperativo assoluto e permanente per la
salvezza dell’anima.
Ma la nostra attenzione si è focalizzata
principalmente sul peccato, considerato a quel tempo principio etico
universale e prototipo dell’errore oggettivo e assoluto, in quanto arreca danno
a chi lo compie e a tutti coloro che subiscono le conseguenze materiali o
morali del male in cui il peccato consiste. La concezione del peccato genera
specifici effetti sulla psicologia individuale e collettiva, che si possono più
facilmente riconoscere per contrasto dal confronto con i modi di porsi e di intendere
l’agire umano da parte dei membri delle società contemporanee.
Il giudizio su un comportamento degli altri, dai
familiari ai conoscenti, dai sodali d’arte e mestiere fino ai governanti, prende
le mosse da un primo discrimine dirimente: è virtuoso o peccaminoso?
Il cristianesimo insegna la sorveglianza di sé
stessi ma anche degli altri circa il peccato: non bisogna giudicare – nel senso
di processare e condannare – gli altri, ma si devono valutare le loro azioni,
perché è compito di tutti la correzione fraterna comandata nel Vangelo.
In altre parole, se un fratello è in errore, e per questo errore pecca, è
dovere del cristiano correggerlo: non ci si può salvare lasciando peccare il
fratello, come oggi si fa con la scusa della “tolleranza pluralistica”; ogni
peccatore deve essere visto come persona per la quale Cristo si è immolato e,
dunque, per amore nei suoi confronti lo si deve avvertire, se è in errore, e
spiegargli che basta pentirsi con cuore sincero per ottenere il perdono di Dio,
la cui misericordia è infinita. Si è dispensati dalla correzione quando l’errante
non è un fratello di fede, non si dichiara tale, come nel caso dell’ateo che
disprezza il credente considerandolo un ingenuo, un illuso o un minus habens, cosa che nel Medioevo costituiva una rara
eccezione. [BM&L-Italia, giugno 2023].
Notule
BM&L-17 giugno 2023
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La
Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Kant, Idea per una storia
universale vista dal punto di vista cosmopolitico, (in Stato di diritto
e società civile) p. 108, Editori Riuniti, Roma 1982.
[2] Lucrezio, De Rerum Natura,
pp. 293-295, Rizzoli, Milano 1980.
[3] Schopenhauer, Aforismi sulla
saggezza del vivere, p. 222, Oscar Mondadori, Milano 1994.
[4] Cfr. Schopenhauer, op. cit., idem.
[5]
Cfr. Peter Brown, Tarda antichità in La
vita privata dall’Impero romano all’anno Mille (a cura di Philippe Ariès
& Georges Duby) pp. 204-205, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano 1986.
[6] Catecumeni erano coloro che
avevano intrapreso il percorso di purificazione per accedere al sacramento del
battesimo; in quanto non ancora battezzati, venivano simbolicamente allontanati
dalla chiesa in questa fase del rito.
[7] Peter Brown, Tarda antichità,
op. cit., p. 204.
[8] Peter Brown, Tarda antichità,
op. cit., idem.
[9] Peter Brown, Tarda antichità,
op. cit., p. 203. Inimicatosi i potenti, fu esiliato per due volte e morì
durante il viaggio di trasferimento a Pitiunte. Le
sue spoglie sono custodite nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
[10] Peter Brown, Tarda antichità,
op. cit., idem.